Italiano, Traduzione Alessandra e Claudio Di Palma
Annullare il debito pubblico detenuto dalla BCE per riprendere in mano il nostro destino
Il dibattito sulla cancellazione dei titoli di debito pubblico
detenuti dalla BCE conosce un forte interesse pubblico in Francia, ma
anche in Italia, nel Lussemburgo, in Belgio, nei corridoi delle
istituzioni europee, presso gli stessi rappresentanti della BCE e dei
diversi ministeri delle finanze della zona Euro.
Questo dibattito è sano ed utile. Per la prima volta dopo molto
tempo, la posta in gioco monetaria è oggetto di dibattito pubblico.
La moneta cessa per un momento di essere un oggetto sottratto
alla deliberazione collettiva e consegnato ad una banca centrale
indipendente dai poteri pubblici, ma dipendente dai mercati finanziari. I
cittadini scoprono, con sconcerto per alcuni di loro, che quasi il 25%
del debito pubblico europeo è oggi detenuto dalla loro banca centrale.
Dobbiamo a noi stessi il 25% del nostro debito. Se rimborsiamo
questa somma, dovremo trovarla altrove prendendola nuovamente in
prestito per far girare il debito invece di investirla oppure aumentando
l’imposta oppure abbassando la spesa.
Eppure ci sarebbe un’altra soluzione. In quanto economisti,
responsabili e cittadini impegnati nei diversi paesi, è nostro dovere
sollecitare l’opinione pubblica sul fatto che la BCE potrebbe offrire
agli Stati europei i mezzi per la loro ricostruzione in chiave
ecologicamente sostenibile, ma anche riparare la frattura sociale,
economica e culturale dopo la terribile crisi sanitaria che stiamo
attraversando.
Non neghiamo che gli stati siano intervenuti e che misure di
protezione non siano state adottate ma riteniamo che queste restino
ancora insufficienti.
Il piano di rilancio europeo fondato di uno stanziamento di 300
miliardi di euro nell’arco di tre anni, è ben lontano dai 2000 miliardi
di euro richiesti dal Parlamento europeo.
È necessario ricordare che nel 2018, ben prima della crisi
sanitaria, la Corte dei conti europea indicava già un fabbisogno minimo
di 300/400 miliardi di euro d’investimenti supplementari all’anno per
finanziare la transizione ecologica in Europa.? Siamo ben lontani da
quanto auspicato, ancora di più considerando l’impatto della crisi
sanitaria.
Non intendiamo prendere alla leggera il tema dell’annullamento
del debito pubblico, quand’anche riferito solo a quello detenuto dalla
BCE.
Sappiamo che eventi di cancellazione del debito sono momenti
storici del tutto eccezionali e fondativi. Tale fu il caso della
conferenza di Londra del 1953, quando la Germania beneficiò della
cancellazione di due terzi del suo debito pubblico che gli permise di
ritrovare il cammino della prosperità ancorando il suo futuro nello
spazio europeo.
L’Europa non attraversa forse una crisi di dimensioni eccezionali che giustificherebbe misure altrettanto eccezionali?
Per fortuna, e diversamente dal caso storico citato, abbiamo la
fortuna di avere un creditore che non ha certo paura di perdere il suo
denaro: la BCE. La nostra proposta è semplice: sigliamo un accordo tra
gli Stati europei e la BCE. Quest’ultima si impegnerà a cancellare il
debito pubblico che detiene (o a trasformarlo in debito perpetuo senza
interessi), mentre gli Stati si impegneranno a investire lo stesso
importo nella ricostruzione ecologica e sociale.
Stiamo parlando di 2500 miliardi per l’Europa nel suo complesso.
Bastevoli a rispondere alle richieste del Parlamento europeo e
soprattutto a salvaguardare l’interesse generale. Non vi è dubbio che la
BCE possa permettersi una simile azione.
Come riconosciuto da un gran numero di economisti, anche tra
coloro che si oppongono ad una tale risoluzione, una banca centrale può
funzionare con fondi propri negativi senza difficoltà. Può addirittura
emettere moneta per compensare queste perdite: ciò è previsto dal
protocollo n°4 accluso al trattato sul funzionamento dell’Unione
europea.
Inoltre, giuridicamente e contrariamente a quanto affermano
alcuni responsabili delle istituzioni, in particolare in seno alla BCE,
l’annullamento non è esplicitamente proibito dai trattati europei.
Tutte le istituzioni finanziarie a livello mondiale possono
deliberare una rinuncia ai loro crediti – e la BCE non fa eccezione –
d’altro canto, il temine « annullamento » non figura né nel trattato
né nel protocollo sul sistema europeo delle banche centrali
(SEBC).Potrebbe dunque essere interpretata come contraria allo spirito
del trattato, ma non si potrebbe esser detto lo stesso una misura oggi
molto ben accettata come il Quantitative Easing voluto da Mario Draghi ?
Ciò dimostra che in questo ambito solo la volontà politica
conta: la Storia ha dimostrato a più riprese che le difficoltà
giuridiche spariscono a fronte degli accordi politici.
Occorre chiarire un malinteso: è ovvio che l’annullamento del
debito detenuto dalla BCE, anche a condizione di un re-investimento, non
possa essere considerata la soluzione unica dirimente in materia di
politica macroeconomica. Innanzitutto la BCE non interverrebbe se non
per liberare il margine di manovra fiscale e non investirebbe quindi
direttamente.
Alcuni pensano che i tassi di interesse deboli o negativi siano
sufficienti a spingere gli Stati ad indebitarsi, ma non è ciò che
dimostra la riduzione costante del livello di indebitamento pubblico
medio nell’Unione tra il 2015 – anno In cui sono apparsi per primo
tasssi sul debito negativi, e l’inizio della crisi sanitaria. Molti
stati hanno preferito ridurre il debito invece che indebitarsi per
investire, malgrado i tassi negativi.
Perché l’atteggiamento dei governi dovrebbe cambiare proprio ora?
Il patto stretto tra gli Stati e la BCE impedirà questa
strategia di fuga di fronte alle responsabilità. Ma non ci si dovrà
accontentare di ciò: sono necessarie altre misure in materia di riforma
dei criteri di debito e deficit, di protezionismo ecologico e solidale,
di riforme fiscali che abbiano come obiettivo la riduzione delle
disuguaglianze e l’orientamento dei comportamenti collettivi i,
d’impulso dato alle banche pubbliche d'investimento e di riforme
relative agli aiuti di Stato.
Una nuova governance europea, in particolare attraverso il
passaggio ad una maggioranza qualificata in materia fiscale, deve essere
messa in opera.
L’Europa non può più permettersi di essere bloccata
sistematicamente dalle proprie stesse regole. Altri stati nel mondo,
come la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti, utilizzano al massimo la
loro politica monetaria, in appoggio alla politica fiscale.
La Banca del Giappone si spinge fino ad utilizzare il proprio
potere di creazione monetaria per acquistareazioni direttamente sul
mercato attraverso fondi di investimento a gestione passiva (ETF),
diventando così il più grande investitore del paese.
Dobbiamo riflettere a servirci del potere di creazione monetaria
della BCE per finanziare la ricostruzione ecologica e sociale, sotto il
controllo democratico.
La cancellazione da parte della Banca Centrale Europea del
debito che detiene, in cambio di investimenti pubblici, costituirebbe il
primo segnale forte della riconquista, da parte dell’Europa, del
proprio destino.